LA DIAGNOSI

Io e Caterina avevamo già avuto un inizio piuttosto pesante: gravidanza ad alto rischio, cesareo d’urgenza a 27 settimane per salvare la vita ad entrambe, 3 mesi di TIN (Terapia Intensiva Neonatale). Siamo state felici per un mese. Poi improvvisamente le prime crisi epilettiche. Un anno terribile fino alla diagnosi che è arrivata via telefono. C’è chi pensa che ricevere un’informazione del genere telefonicamente anziché di persona sia terribile. A me, invece, è andata bene così. Per diversi motivi non me l’aspettavo più. La chiamata è arrivata inaspettata e credo sarebbe stato peggio andare sino a Firenze (dalla Sardegna) sapendo di dover ascoltare una diagnosi. Che viaggio sarebbe stato? Invece ero in macchina e stavo portando Caterina in piscina. I primi due giorni, ovviamente, sono stati come se mi avessero preso a calci ovunque. Poi, pian piano, ho iniziato a informarmi sulla malattia. E non ci ho messo molto a contattare l’associazione CDKL5 Insieme verso la cura per avere un confronto. Per quanto devastante, avere la diagnosi per me è stato un sollievo. Almeno ho un nome, so cosa aspettarmi e su cosa non sperare. Ho qualcosa da affrontare e gestire al meglio invece di un’incognita che avrebbe potuto portarmi veramente alla disperazione. L’anno senza diagnosi l’ho passato a leggere qualunque cosa. Immaginando di tutto. Ore in lacrime davanti al PC. Adesso so. E, per quanto dipenda da come ognuno affronta la vita, dopo aver conosciuto altre realtà, altre malattie e altri bambini, in un certo senso mi sento fortunata. Penso che poteva andarci meglio, ma in effetti anche molto peggio.
E’ pesante? Si.
E’ stancante? Si.
A volte piango? Si.
Ma la malattia è parte integrante di mia figlia e non sarebbe la mia Caterina senza. Sarebbe un’altra bambina, e io voglio lei. Quando si riceve la diagnosi bisognerebbe abbandonare l’idea del figlio che si aveva e accogliere per quanto possibile la nuova realtà. Non tutti ci riescono, comprensibilmente. Io credo di averlo fatto. Avere poi una comunità di genitori che affrontano la stessa cosa è davvero di aiuto. Ovviamente ci sono momenti di sconforto, come per tutti. Ma passano. Specialmente quando Caterina fa qualche progresso non previsto.
Reagire al nome della malattia di tua figlia è una cosa molto personale che credo dipenda anche dal vissuto di ognuno. Sicuramente, però, avere una diagnosi è il primo passo per immaginare un futuro, per quanto diverso da quello in cui avevamo sperato.
Tiziana Sechi

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